Collezione Civico Museo
Picasso, Balla, De Chirico, Guttuso, Salvatore Fiume, Bruno Cassinari, Carlo Levi. Basterebbero questi nomi per rilevare l'importanza della raccolta di grafica (disegni prevalentemente) radunata da Giuseppe Vittorio Parisi (Maccagno 1915/Roma 2009) grazie a scambi e doni durante i suoi anni milanesi (anni trenta e quaranta), durante la sua attività artistica a Roma e le incursioni a Parigi, dove incontra De Chirico e Picasso. Il rilievo della raccolta, però, è anche altro. Lo dimostrano il numero di opere radunate, oltre 300 quelle di altri autori oggi conservate al museo. L'ampiezza cronologica, inoltre, permette di spaziare dalle quattro preziose matite ottocentesche del romano Bartolomeo Pinelli (1771/1835) alle sperimentazioni informali e astratte del Secondo Dopoguerra, di cui si offre in mostra solo un saggio, tra ricerca plastica e progetto grafico, attraverso le figure di Pietro Consagra, Pericle Fazzini, Giuseppe Capogrossi e Ettore Colla, questi ultimi impegnati a Roma con Burri e Parisi nel Gruppo Origine. Esaustive sono le finestre aperte su autori di calibro, come il nucleo dedicato a Salvatore Fiume, in mostra con scelti esemplari sui 40 circa (tra disegni e stampe) donate dall'artista siciliano a Parisi nel corso di una densa amicizia. Per "scuole", infine: il nome del pittore e poeta Toti Scialoja, con il fluido Case a Trastevere (1946/47), chiude il cerchio sulla nutrita rappresentanza romana, mentre è ampio il ventaglio degli autori "milanesi" che ben documentano, nel passaggio dalle opere anni trenta (Gianfilippo Usellini e Trento Longaretti) ai lavori del Secondo Dopoguerra, il crollo di ogni certezza. In questo senso è particolarmente significativo il confronto tra il nudo di Atleta in riposo di Italo Valenti (1936), potente ma ancora retorico, e il drammatico ritratto virile di Bruno Cassinari (1950 ca) o le tre eccellenti matite di Eugenio Birolli (1947), dove il debito verso Picasso è solo un doveroso omaggio per proporre una cupa sintesi sulla disperata opera di ricostruzione civile e materiale seguita alla catastrofe. Il codice picassiano risalta nei due giovanili Guttuso e nel lavoro di Giulio Turcato (1947/48), anche se entrambi mostrano già di aver individuato gli elementi di un alfabeto personale che nel caso di Guttuso era destinato a sciogliersi proprio nel tema del corpo, come mostrano i due nudi femminili in esposizione, separati tra loro solo da pochi anni. Persino le "espansioni" di Giacomo Balla (frequentato a più riprese da Parisi a Roma) e lo stesso bozzetto per il Bagno turco di Picasso dell'aprile 1921 si inquadrano nella necessità degli stessi protagonisti assoluti dell'arte del Novecento di superare le rigide formule dell'avanguardia in un progressivo recupero del dato umano e sensoriale; nel caso di Balla tra il geometrico Espansione fiore (firmato significativamente ancora Futurballa) e il dinamico e avvolgente Espansione profumo, anche se entrambe le opere stanno nello stesso decennio, gli anni trenta. Nel caso di Picasso con il piccolo ma essenziale inchiostro che, già dal titolo, sta nel solco di una ricerca che da tempo aveva recuperato la memoria di una tradizione personale e collettiva, quella mediterranea, con significativo riflesso sulle forme di corpi, simboli e architetture.
All'uomo mediterraneo De Chirico aveva dedicato un'intera vita: il complesso pastello in mostra (1929/30) conferma la validità di una ricerca durata un'intera carriera e il felice innesto degli influssi surrealisti sull'artista greco. Il nudo a matita e acquerello di Carlo Levi (1950), torinese e popolarmente noto come autore letterario (Cristo si è fermato a Eboli), trova nella forza dei corpi avvinti una capacità espressiva in grado di far superare al disegno i limiti del bozzetto per consacrarlo a formula espressiva compiuta a pieno titolo.