I volti segreti della Gioconda in mostra a Maccagno
Il Ponte degli Artisti legge e reinterpreta il capolavoro immortale in chiave moderna
Si svolgerà dal 7 dicembre all’8 marzo 2020, presso il Museo Parisi Valle di Maccagno con Pino e Veddasca, la mostra dedicata al mito e a “I volti segreti della Gioconda”.
La rassegna, organizzata dall’Associazione milanese Ponte degli Artisti “la scaletta dell’arte” e fortemente voluta dal suo fondatore Savi Arbola Appiani, si sviluppa in diverse parti in dialogo tra loro, con video installazioni ed esposizioni di quaranta artisti che celebrano e declinano in chiave contemporanea la creatività, l’originalità e il geniale estro dell’artista toscano.
In particolare, sarà presente negli spazi del museo una riproduzione dell'opera per non vedenti.
“Non potevamo esimerci dal ricordare anche nel nostro Museo l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, genio assoluto del Rinascimento italiano”, dice il Sindaco Fabio Passera. “Siamo arrivati sul filo di lana, ma siamo orgogliosi di aver potuto cogliere al volo questa proposta che gli amici del Ponte degli Artisti ci hanno fatto. Il passato (o la leggenda?) della “Monna Lisa” leonardesca ha una straordinaria attinenza con il nostro Comune. La vicenda dei fratelli Vincenzo e Michele Lancillotti di Cadero e la permanenza del celeberrimo quadro trafugato dal Louvre proprio qui tra noi, sono passaggi che – diciamolo – ci inorgogliscono davvero. Alla fine, la piccola storia di Maccagno con Pino e Veddasca finisce per intrecciarsi in maniera importante con la vicenda universale che avvolge la vita e le opere di Leonardo”.
Ma non è tutto perché al centro della rassegna di Maccagno c’è l’attualizzazione del mito della Gioconda in Val Veddasca.
In occasione dell’inaugurazione, infatti, prevista sabato 7 dicembre alle 17,30, Silvano Vinceti, presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione dei Beni Storici, Culturali ed Ambientali, terrà alle 16.00, presso il Punto d’Incontro di via Valsecchi, la conferenza dal titolo: “Il furto della Gioconda. Un falso al Louvre?”.
Una preziosa occasione in più per approfondire la conoscenza della storia di una tra le più celebri icone dell'arte, spesso utilizzata dagli artisti contemporanei in funzione simbolica.
Il dadaista Marcel Duchamp, ad esempio, l'ha scelta come bersaglio delle proprie provocazioni, aggiungendo a una riproduzione del dipinto i baffi.
Anche Andy Warhol riprodusse il dipinto in serie, come poster, mentre Banksy ne fece una versione "mujaheddin", con lanciarazzi in spalla. Botero la ridipinse paffuta e Basquiat la rese un'icona graffiante, dal sorriso sinistro.
Numerosissimi, infine, gli utilizzi e le citazioni dell'icona-simbolo nel mondo del cinema, della musica, della televisione e della pubblicità. In particolare, il cantautore Ivan Graziani si ispirò allo storico furto per la canzone “Monna Lisa”, del 1979, immaginando un furfante che si chiude nel museo... a tu per tu con il ritratto più famoso del mondo.
INFO
I volti segreti della Gioconda
Dal 7 dicembre all’8 marzo 2020
Ingresso libero
Civico Museo Parisi Valle, via L. Giampaolo 1
Maccagno con Pino e Veddasca (Varese)
Inaugurazione in museo: sabato 7 dicembre 2019 – ore 17.30
Orari: venerdì dalle 14.30 alle 18.30
sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.30
Locandina mostra (click per ingrandire)
L’ombra della Gioconda
Il furto della Gioconda come involontario evento mediatico, quasi una performance situazionista, dove lo spazio vuoto della parete del Louvre si trasforma in uno spazio di intensificazione simbolica, di sensibilizzazione del vuoto, di manifestazione di assenza, di interrogazione sulla condizione ontologica della scomparsa e della fuga come metafora dell’arte derubata del capolavoro svanito, rapito, preso in ostaggio, nascosto e custodito in un luogo inaccessibile, destinato ad alimentare l’attesa messianica di un ritorno che segnerà da una parte una escalation mediatica, ma anche un attacco all’aura che avvolge l’opera ormai destinato a riconvertirsi in una icona soffocata dell’eccesso ridonante di curiosità, dalla perdita di intimità del capolavoro con l’intimità dello sguardo. Anche dopo il ritrovamento, la parete nuda del Louvre privo del capolavoro è destinata a segnare l’immaginario collettivo come segno forte e deciso e a prefigurare le poetiche e le pratiche dell'arte contemporanea incentrate sulla scomparsa dell’aura dell’unicità e dell’autenticità dell’opera e sulla rimozione della bellezza come teleologia interna dell’arte e dell’armonia come religione umanistica.
La Gioconda è una riflessione intima pensata per essere contemplata da sguardi discreti, la sua immensa gloria postuma ha creato una iper-icona, una meta-icona, una icona che si auto-osserva, ma che, come tutti i miti ci guarda e ci riguarda ed agisce come specchio del nostro immaginario. I miti agiscono in un eterno presente, interrogandoci da sempre sul senso del nostro essere, in questo caso del nostro guardare, del nostro cercare.
Il simulacro, la fuga dalla purezza dell’origine, la scelta della deviazione dall’autentico per mezzo del non autentico, della ossessiva ripetizione differente che genera il falso, è in fondo il frutto di un complesso di inferiorità, di un horror vacui del manierismo della ripetizione, del tutto estraneo a Leonardo che non temeva l’incompiuto, che sapeva superare la coazione a concludere mantenendo tutta l’apertura verso l’originalità generativa del vedere, della immaginazione come condizione del possibile e come unica occasione di tensione verso la verità.
Una sorta di profanazione della bellezza nella cultura della degradazione dell’icona attraverso l’imperativo della comunicazione spesso volgare, commerciale, o nella banalizzazione erotizzante.
La Gioconda diventa l’occasione per una riflessione sullo status ontologico dell’icona sul potere formale di attivare un campo di forze di tensione creativa, dal pastiche pop, all'esercizio grafico barocco al limite del grottesco, dall’assemblaggio neo-dadaista minimalista e concettuale, dall’ironia al gioco, alla celebrazione mistica del capolavoro in chiave contemporanea, oltre il gioco di citazioni postmoderno e trans-avanguardista, passando per la robotica, l’arte digitale e post-umana fino a lambire i territori di uno smontaggio de-costruttivo della scrittura musicale in una composizione che evoca un tempo non lineare, una porta sonora della percezione che ci riporta alla genesi a-temporale dell’icona che è sempre, e da sempre, immersa in una estasi del tempo che forse solo la musica può davvero evocare.
Attardarsi nella morbida nebulosa indifferenza per il destino, oltrepassando la realtà, nel limbo del tempo, tra lembi di verità magicamente continue all’eternità. Gnosi nella luce, nell’ermetico fascino avvolto nelle ombre che attendono il limite indefinito delle manifestazioni del vero. Potenza fluida di suggestione, creazione raffinata di atmosfere spirituali dove l’ambiguità indecifrabile dell’icona dipende da una stratificazione di velature che tradiscono una presenza ineffabile di bellezza, una lenta rivelazione, una emanazione di segni pulsanti che chiede di percorrere tutti gli stadi infiniti di iniziazione alle verità nascoste.
La fusione estatica di uno spettro aurorale che affonda nell’abbandono crepuscolare, compiacendosi in un lievissimo accenno prima dell’inizio che già si confonde con la malinconia infinita del vivere l’attesa nella smisurata incompiutezza dell’amore come meraviglia e conoscenza.
Vittorio Raschetti